martedì 15 marzo 2016

Un hidalgo polacco


Conrad scrive che la vita è visione, e sogno.
Che le distese oceaniche - i porti della Malesia, dell’Australia, l’India e il Congo - sono specchi e che l’uomo è un ordine. Minia i paesaggi, come uno che fa mosaici alle inquietudini: guarda dentro e guarda tutto, sa che farne dell'enigma. Cerca il valore ideale del mondo ma scopre che il mondo è un faticoso pellegrinaggio fra tracce d'incubi, e ciò che prova a scrivere è l’ideologia di tenebre che permette agli uomini di sopravvivere. Tenta la moralità dell'arte, l'universalità del suo appello; aspira alla solidarietà fra gli uomini. Scrive di solitudine e vocazione alla colpa, di dettagli che cambiano la potenza delle immagini. Scrive che il progresso è uno sterminio e Londra più spietata dei tropici. Scrive romanzi che sono laboratori di teorie alternative ma non crede nelle azioni politiche: non giustifica l'Impero, l'ambiguità del consenso, l'ambizione violenta

Malgrado il proprio debito verso il popolo inglese - che lo accoglie, gli dà un posto in cui vivere e riconosce il suo talento - Joseph Conrad è un polacco: Jozef Korzeniowski, nato a Berdicev, Ucraina, nel 1856 come Freud, o nel 1857 come Les fleurs du mal e Madame BovaryFiglio di una donna morta di stenti e di un poeta imprigionato per avere tentato l'insurrezione armata contro la spartizione della patria; e nipote di Nicholas, giustiziato dallo zar.
Nessun bambino ama le cause nazionali se ha passato l'infanzia vestito a lutto.
Appena può decide la grande avventura. Raggiunge Marsiglia, trova lavoro su un veliero francese. Si apre a tutte le esperienze perché non ne ha nessuna. Viaggia per vent'anni. Dicono che contrabbandò armi, che perse la testa per un'avventuriera basca amica dei carlisti e che provò ad ammazzarsi.
Il suo sogno è essere marinaio su una nave inglese: s'imbarca per Costantinopoli e al ritorno scende a Lowestoft, Inghilterra. Torna a bordo con tutte le opere di Shakespeare.
Viaggia a oriente.
Impara l'arte della navigazione: la precisione, il coraggio, la responsabilità, la devozione.
Tiene un diario: annota dati tecnici e poi, sempre più fitte, impressioni disgustate sull'avidità dei bianchi e sulle sofferenze degli indigeni, sull'orribile freddezza meccanica con cui gli uomini vengono uccisi.
L'isolamento, la corruzione, la mancanza di pietà e di rimorso sono le trame dei suoi libri; crea una coerente e tetra visione del mondo. Il mare del Sud è un mito, i personaggi dei suoi romanzi simboli. Però sono realmente esistiti.
A trentaquattro anni, con un brevetto da capitano della marina mercantile britannica che non gli serve a niente, è a Rouen, su una nave bloccata dal ghiaccio che non parte. Sta sottocoperta, pensa a Flaubert e inizia a scrivere. In inglese, lentamente. Nessuno ha vissuto più selvaggiamente di lui - scrive Gide - per poi sottoporre la vita a una paziente, cosciente, elaborata trasmutazione in arte. 

Questa è la storia del più grande scrittore del mondo, rampollo di nobili e nomade. Scrive che scrivere è un'impresa, come la conquista di una colonia; e costruisce mondi delle possibilità contrapposti a quelli della storia. Se non scrive mai della Polonia è perché ha una visione sconfitta della vita, estranea alla lingua che usa. 

Per Said nessuno ha rappresentato il destino dello smarrimento e del disorientamento meglio di Conrad e nessuno fu più ironico riguardo al tentativo di sostituire questa condizione con adattamenti e accomodamenti. 
L'assenza di ideologia gli fa capire il presente, la sua natura non monolitica e incerta: il potere è solo illusoriamente onnipervasivo, la sua realizzazione totalitaria impossibile.
I suoi romanzi sono pieni di voci e di esuli: la molteplicità di punti di vista impedisce la realizzazione dicotomica della logica imperialista.
Lo spazio dell'immaginazione è il regalo che Conrad vi fa ogni volta: usa l'anarchia della disgregazione linguistica, la rifrazione multipla.
Vedere l'intero mondo come una terra straniera rende possibile un'originalità di prospettiva. La maggior parte delle persone conosce una cultura, un contesto, una casa; gli esuli ne conoscono almeno due. 

Conrad ricostruisce la vita errabonda della propria coscienza, resta fedele a se stesso diventando un altro, riconcilia il passato nel presente, tenace al comando di una nave, a volte, o di una riflessione introspettiva, sempre.
Segue l'evoluzione del modo in cui ha conosciuto se stesso, i ricordi testimoniano la sopravvivenza al mondo: è un addestramento sistematico e volontario, appreso in mare, dove nessun uomo, neppure la feccia, è disumano (e questa è la cosa peggiore). 

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